Ritrovare il contatto con la "realtà"
Cosa è reale?
Questa è la domanda che tutti dovremmo porci, specialmente in quei momenti nei quali ci sentiamo smarriti, o siamo in preda a emozioni intense che ci impediscono di esprimere il nostro potenziale.
Da tempo collaboro con The Edward Said National Conservatory of Music e in quest'ultima esperienza palestinese il problema del distacco dalla realtà come causa della nostra difficoltà ad affrontare il pubblico, mi è apparso estremamente chiaro.
Con dinamiche e motivazioni diverse tutte le persone con cui ho lavorato hanno manifestato questa tendenza ogni volta che erano pervase da emozioni troppo intense e limitanti. Non sto parlando della solita "paura" che in realtà è la preparazione di una giusta tensione che ci permette di esprimerci al meglio, ma mi riferisco proprio a ciò che è definito panico da palcoscenico.
Quello che io definisco distacco dalla realtà è anche la causa di tutti quegli altri stati nei quali non riusciamo ad evolvere durante la nostra preparazione, in quanto bloccati da qualche "forza" sconosciuta.
Da anni pratico la meditazione e la condizione che si raggiunge con un po' di esperienza è molto simile a quando siamo totalmente concentrarti e ci esprimiamo completamente. Tutti noi abbiamo vissuto, almeno per una volta, l'esperienza nella quale esiste solo il suono che viene prodotto dal nostro strumento, la nostra interpretazione, che pur seguendo intenzioni già definite durante lo studio, si perfeziona e a volte si trasforma proprio in quegli istanti dove magicamente prendono forma le soluzioni espressive, anche le più inattese, dove si percepisce la partecipazione del pubblico, quasi come se esecutore, strumento, suono, la sala nella quale suoniamo e il pubblico che ascolta fossero una cosa sola.
Questa è la condizione che ci permette di assolvere completamente al nostro compito di musicisti, ed è solo questo stato che ci fa essere in contatto con la realtà musicale che può essere molto vicina alle intenzioni del compositore.
Cerchiamo di ricordare quando eravamo piccoli, o osserviamo dei bambini giocare. Mentre giocano esiste per loro solo il loro gioco. Lo possiamo distinguere nei movimenti, ma sopratutto nel loro sguardo, che è proprio come il nostro quando siamo totalmente concentrarti nell'esecuzione, o stiamo "vivendo il presente" come Ecktar Tolle lo definisce nel suo splendido libro "Il potere di adesso". Il bambino mentre è concentrato nella sua attività vive la realtà, assolvendo al suo compito: giocare. Ed è totalmente in quello che fa. Non esistono altri giocattoli se non quello che sta usando.
Uno dei maggiori inganni nei quali cadiamo, è quello di considerare tutto quello che noi pensiamo come realtà. Si è vero, i nostri pensieri sono reali, ma in questo caso va chiarito cosa io intenda per realtà.
La realtà non sempre corrisponde a ciò che noi pensiamo e quello che noi crediamo sia realtà è la nostra rappresentazione di essa.
I nostri pensieri sono creati da una parte del nostro corpo: il cervello. Il nostro cervello (inteso come creatore di pensieri) essendo una parte non può rappresentare il tutto. Il nostro tutto (la realtà) comprende pensieri, emozioni, sensazioni, energia che ci viene inviata dall'ambiente esterno sotto forma di percezione del pubblico e della sua partecipazione all'ascolto.
Questo è quello che io definisco reale in quanto è la condizione nella quale noi riusciamo ad essere "fedeli" al nostro scopo di musicisti.
Un bravo musicista può avere dei momenti nei quali non è completamente in forma, o situazioni nelle quali non riesce a esprimere tutto il suo potenziale. Alcuni di noi consapevolmente sanno quale sia la loro realtà e considerano quella determinata situazione come momentanea, mentre altri rimangono intrappolati in emozioni negative e considerano reale quella porzione di esperienza.
So perfettamente che col susseguirsi di esperienze di questo tipo la condizione che ne deriva, può apparire reale divenendo così l'unica possibile manifestazione, per questo è indispensabile avere sempre chiara la differenza tra ciò che è reale e ciò che non lo è.
Alessandro Sacco, violista - Genova
RispondiEliminaA propositò di "realtà".
Brevemente, intervengo a mo' di preludio con un saluto ad un amico, il M.° Binetti, che con i suoi spunti riflessivi è riuscito a smuovere in me "realtà" che ancora non conoscevo.
Da poco tempo, alla soglia dei 40 anni, ho cominciato un percorso di identificazione personale atto a realizzare quello che per me è forse lo scoglio più difficile da superare nell'ambito dell'approccio empatico professionale.
Il concetto di "realtà" quì sopra citato espone perfettamente quello che probabilmente noi musicisti abbiamo già ben chiaro nei nostri pensieri, ma forse o quasi sicuramente non concretizzato nella nostra pratica espressiva.
Nell'intento di risolvere determinati blocchi tecnici apparentemente passeggeri del mio lavoro di strumentista pensavo di realizzare con minimo sforzo quei risultati tanto sospirati legati alla sfera emotiva del contatto col palcoscenico.
In teatro come in auditorium, di fronte ai colleghi e come in pubblico.. il confronto emotivo distoglie dalla realtà.
E la realtà come il "presente" sono componenti della stessa vibrazione da cui non possiamo esimerci.
Qual'è dunque questa sospirata realtà ? .. ne leggiamo quì sopra un valore preciso, che definisce il "presente", l'attimo in cui riusciamo ad esprimere la nostra vera natura emozionale e a trasmetterla in quella magia che noi stessi spesso ci stupiamo di avvertire e di conoscere.
La musica come linguaggio d'espressione, per comunicare, per dare.. penso però che per esprimersi si debba avere cognizione di idee ben chiare su che cosa ci si voglia confrontare con i nostri interlocutori, colleghi o spettatori che siano.
Emozioni, idee, pensieri.. tutto sta dentro di noi e fa parte della nostra natura, della nostra unicità, del nostro soggettivo.
La mia riflessione dunque mi porta a mettere in discussione i lati più profondi del pensiero e delle emozioni, che ci contraddistinguono ben oltre i valori artistici e musicali, al pubblico confronto nella nostra vita sociale e quotidiana.
La musica risolve e riequilibra tutto, ci mette in continuo confronto con noi stessi ed è in grado di dare le risposte tanto richieste.
Mettersi in discussione costa fatica e richiede tempo e pazienza; prendere consapevolezza della propria "realtà" mette allo scoperto i lati più nascosti della nostra coscienza e nulla più ci denuda se non l'esporci agli altri per quello che sappiamo esprimere con i nostri strumenti.
Nella mia personale esperienza sto riscoprendo grazie alla "parola" musica una dovuta e irrinunciabile attrazione nei confronti della vita stessa, nel rinnovamento e nell'equilibrio dei propri pensieri, dei propri sogni e realizzazioni.
Risolvere il proprio confronto artistico è un pretesto per scavare più a fondo, per conoscersi e svelare a noi stessi in qualità di co-creatori ciò che veramente desideriamo esprimere tramite il messaggio musicale.
Quando riconosciamo questa "realtà" potremo senza sforzo distinguere la differenza tra ciò vogliamo e la "non reale" condizione sabotante che imbavaglia la nostra espressione, così.. come per quel "bambino" assorto nel suo puro intento ludico, semplicemente presente nella sua "realtà".
Grazie e un saluto,
Alessandro